
Lichen Planus Pilare e Alopecia Areata
Le alopecie infiammatorie rappresentano un capitolo ampio e spesso poco conosciuto in ambito tricologico ed evocano, quando chiamate in causa, ansie e timori correlati alla scarsa risposta alle terapie ed in alcuni casi al grado di irreversibilità del processo patologico che conduce ad alopecia; inoltre trattandosi di patologia croniche spesso recidivanti, la strada dell’autotrapianto non sempre è percorribile, perché potrebbe riesarcerbare il processo infiammatorio alla base.
Il termine “infiammatorie” si riferisce ad uno spettro ampio di disordini e risulta un termine improprio ai fini classificativi, ma utile per sottolineare la molteplicità di situazione che possono accompagnarsi al periodo post trapianto e per sottolineare la difficoltà che si incontra nel classificare tali disturbi.
La difficoltà maggiore risiede proprio nella diagnosi precoce di tali patologie, che troppo spesso non vengono riconosciute affatto dallo specialista o, data la mancanza di una sintomatologia tipica, vengono confuse con quadri subclinici di dermatite seborroica o semplice irritazione cutanea di natura aspecifica.
Un riconoscimento di tali condizioni, oltre a contenere e/o arrestare il processo patologico che può portare ad alopecia, pone al riparo dal rischio di un mancato attecchimento dei follicoli in caso di autotrapianto e perdita degli stessi a poco tempo di distanza dall’intervento.
Fermo restando che il periodo post-trapianto è accompagnato da manifestazioni infiammatorie fisiologiche che durano qualche mese ( e che concorrono alla buona riuscita dell’intervento, favorendo l’angiogenesi, ovvero la formazione di nuovi vasi sanguigni che nutrono i follicoli impiantati e la guarigione del danno indotto dalle incisioni sul cuoio capelluto) un perpetuarsi del processo flogistico su un substrato particolarmente recettivo, perché geneticamente predisposto, può rappresentare il meccanismo d’innesco per una patologia autoimmunitaria (Fenomeno di Koebner o isomorfismo reattivo) e non sempre è possibile riconoscere a priori tale predisposizione, eccezion fatta per le patologie conclamate pre-intervento.
Diversi studi scientifici hanno individuato nel Mastocita uno degli elementi fondamentali per lo sviluppo di tale isomorfismo reattivo ed alcune patologie autoimmunitarie, come il Lichen e l’Alopecia Areata, nelle loro fasi iniziali presentano mastociti attivati: queste cellule sono estremamente sensibili alle modificazioni omeostatiche, ormonali e di temperatura, che avvengono durante i processi infiammatori e che possono essere scatenati anche dal traumatismo provocato dall’intervento chirurgico.
Alopecia Cicatriciali e Alopecie non Cicatriziali.
Come detto le alopecie infiammatorie sono tante e si suddividono sommariamente in forme cicatriziali ed in forme non cicatriziali. Le alopecie cicatriziali si caratterizzano poiché portano alla definitiva perdita dell’unità follicolare interessata dal processo infiammatorio, mentre nelle forme non cicatriziali è possibile recuperare le unità colpite. L’eziologia ed i meccanismi patogenetici non sono completamente conosciuti e ciò riflette la mancanza di una classificazione universalmente accettata, così come spesso una diagnosi differenziale tra le varie forme risulti difficile se non impossibile; è indubbio che un riconoscimento precoce di tali condizioni risulti di fondamentale importanza al fine di instaurare una terapia adeguata.
Le forme autoimmunitarie di più frequente riscontro sono rappresentate dal Lichen Planus Pilaris del cuoio capelluto e dall’Alopecia Areata, sia nella forma classica che nella sua forma in “incognito”, che mima clinicamente un telogen effluvium, con diradamento generalizzato, o Androgenetica-like, senza la presenza delle caratteristiche chiazza alopeciche ovalari. Le recenti acquisizioni scientifiche hanno rivalutato il ruolo dell’autoimmunità nella patogenesi dell’alopecia areata, sottolineando maggiormente la predisposizione genetica su cui agisce un danno metabolico alle guaine del capello, ma la componente autoimmunitaria entra comunque in gioco nel mantenimento della cronicizzazione del processo patologico, dove un evento stressogeno (come per esempio il traumatismo indotto dall’autotrapianto) riattiva l’alopecia. Il LED (Lupus Eritematoso Discoide), rappresenta una condizione più rara anche se possibile.
Di fatto nella pratica clinica quotidiana mi è capitato più di una volta di imbattermi in pazienti che abbiano sviluppato una alopecia infiammatoria a seguito di un autotrapianto follicolare. Spesso le caratteristiche cliniche di presentazione rimangono aspecifiche: tricodinia (dolore al cuoio capelluto), prurito, irritazione. Di conseguenza il preciso inquadramento diagnostico risulta difficile, dato lo scarso contributo che la biopsia cutanea può apportare, con quadri istologici compatibili con l’ipotesi diagnotica di richiesta nella quasi totalità dei casi: la diagnosi di tali patologie nella maggioranza dei casi è basata sulla clinica.
Lichen ed Areata in incognito sono le condizioni di più frequente riscontro in un “post trapianto patologico”
In particolare il Lichen Planus Pilaris (LPP) o Lichen Follicolare decalvante è una frequente affezione cutanea caratterizzata dalla comparsa di elementi papulari follicolari, con importante componente pruriginosa associata, evolve poi verso una ipercheratosi perifollicolare, segno patognomonico della patologia e successivamente ad atrofia cicatriziale con perdita definita dei follicoli nelle fasi più avanzate.
Il riconoscimento precoce di tale forma rappresenta una sfida per il dermatologo, poiché nelle fasi iniziali a guidare nella diagnosi è presente solo il sintomo aspecifico del prurito, condizione comune a quasi tutte le dermatosi. Le caratteristiche di tale prurito sono spesso definite dai pazienti affetti come una sorta di “Bruciore” o sensazione di “Aghi al cuoio capelluto”.
Importante valutare anche le unghie dei pazienti che presentano le caratteristiche depressioni puntiformi a livello della lamina ungueale (Pitting).
Una attenta valutazione dermatoscopica invece può permettere di cogliere sfumature importanti che indirizzano la diagnosi verso la giusta strada, come per esempio il riscontro delle “depressioni peripilari”, permettendo di instaurare precocemente una terapia che ponga al riparo da spiacevoli evoluzioni alopeciche.
Spesso poi alcune condizioni cliniche portano a considerare la possibilità di un continuum tra le forme androgenetiche e quelle lichenoidi, per le caratteristiche dell’infiltrato infiammatorio, il che complica ulteriormente l’inquadramento diagnostico.
Quadro infiammatorio e PRP (Plasma ricco di piastrine)
La terapia di tali condizione è difficile e non esistono protocolli universalmente accettati, ma generalmente è possibile contenere l’evoluzione della malattia con una terapia strutturata e ragionata sulle caratteristiche cliniche del soggetto. Nelle fasi conclamate della malattia si ricorre frequentemente alla somministrazione ad alta dose di Corticosteroidi topici e soprattutto sistemici ed in casi selezionati ad Immunosoppresori sistemici. In futuro la strada dei Farmaci Biologici potrà rappresentare una concreta alternativa terapeutica, ma attualmente sono al vaglio soltanto di sperimentazioni scientifiche.
Per quanto concerne il ricorso al PRP (Plasma Ricco di Piastrine) il quadro rimane alquanto controverso: la possibilità di indurre un fenomeno di Koebner tramite le punture al cuoio capelluto, rappresenta di per sé una controindicazione, ma è indubbio pensare che la somministrazione di fattori di crescita e sostanze favorenti la rigenerazione tissutale potrebbe apportare un beneficio alla condizione patologica di base. Nella mia personale esperienza preferisco evitare l’esecuzione del PRP nelle fasi acute di infiammazione attiva e riservarlo solo in casi selezionati e con un processo infiammatorio spento.
Quando l’instaurarsi del processo patologico fa seguito ad un intervento di autotrapianto risulta difficile assegnare la causa del processo patologico autoimmunitario al traumatismo dell’intervento o ad un processo pre-esistente, con il rischio di incappare in una sorta di scarica-barile di colpe, quasi a voler cercare a tutti i costi un colpevole. L’esecuzione di biopsia cutanea conferma il sospetto diagnostico, essendo il quadro istologico caratterizzato da un infiltrato infiammatorio comune a diverse condizioni patologiche, ma non aggiunge nulla di veramente concreto ad indirizzare la diagnosi.
L’aspetto fondamentale è invece da ricercare nella necessità di un’attenta valutazione pre-intervento.
Spesso la prima preoccupazione è di prenotare la data dell’intervento, non considerando invece la necessità di una visita dermatologica: la valutazione della fattibilità dell’intervento andrebbe condivisa tra diverse figure professionali, il Chirurgo e ancor prima dal Dermatologo.
Da quanto discusso appare chiaro di come risulti fondamentale una valutazione specialistica dermatologica prima di sottoporsi ad un autotrapianto, in tutti i casi.